La vita...
La vita non cessa di riservarci sorprese, affanni ed imprevisti: per questo a volte sentiamo il bisogno di prenderci cura di noi stessi, di fermarci a riflettere, di capire quello che ci sta succedendo, quello che vogliamo davvero.
La sofferenza, ha una natura liquida e mutevole: non sempre è evidente da dove essa abbia origine, da quali scelte, da quali esperienze. Né è sempre da subito chiaro quali sentieri essa scavi nella nostra esistenza, se colpisca il nostro corpo o le nostre idee ed emozioni, o infine le nostre relazioni con gli altri.
Le sigle, le diagnosi, le etichette, sono solo definizioni, convenzioni che i medici e gli psicologi usano per intendersi tra di loro e con i pazienti. La loro utilità inizia e finisce nel poter dare un nome al dolore, ma tutte queste sigle non possono catturare l’essenza inafferrabile del malessere che è proprio di ogni singola persona.
Tuttavia, la consapevolezza della propria irripetibilità, la singolarità del proprio malessere, possono essere duri da sopportare ed evocano una condizione di estrema solitudine, che ci spinge, a volte, a cercare consolazione nelle soluzioni condivise, con la speranza che quello che sembra aver fatto bene agli altri possa guarire noi stessi.
Così cerchiamo il conforto della tecnica, ci affidiamo a cure standard, a soluzioni preconfezionate. Vogliamo rivolgerci a qualcuno, qualcuno consacrato dall’autorità della scienza - l’unica che il nostro tempo riconosce – che con il suo sapere ci dica che cosa dobbiamo fare, cosa e come dobbiamo pensare. Perché è consolante, come quando eravamo bambini, pensare che ci sia qualcuno che sappia quello che noi non sappiamo e che ci possa indicare la strada.
La psicoanalisi, invece, parte dal presupposto che è colui che soffre a sapere come uscire dalla propria impasse e che questo sapere stia tutto nella sua parola, purché lo si lasci parlare e lo si sappia ascoltare. Nessuno può sapere al posto mio, nessuno può sapere cosa significa la mia sofferenza.
L’invito della psicoanalisi è dunque quello di un incontro con qualcuno che ci sappia ascoltare, che assista al nostro interrogarci, che ci affianchi nella nostra ricerca.
Per questi motivi la cura psicoanaliticamente orientata è un processo di natura artigianale, che affronta ogni persona come un pezzo unico che richiede l’esperienza e la sapienza del maestro d’opera che tratta la materia ogni volta in maniera diversa come se fosse la prima volta.
Così ogni violino è diverso dall’altro, ha un suono, una vibrazione, un colore che lo rendono riconoscibile da un orecchio attento ed esperto, perché unico peculiare è il materiale di cui è fatto - il legno, le vernici, le mani del liutaio – ed irripetibile è il processo che lo crea.