Per condotta deviante si intende un insieme di atti che, letteralmente, deviano dalla norma sociale, configurandosi come attiva opposizione e provocazione all’ambiente, e aggressione alle regole del legame sociale. L’atto deviante, agito dall’adolescente, è sintomatico di un profondo disagio del ragazzo, ed ha, oltre agli effetti purtroppo reali, anche un valore simbolico,che si tratta di interrogare, per poter leggere il messaggio che veicola. Esso infatti può rappresentare la compensazione di un’espressione verbale, che l’adolescente non è in grado di formulare, può segnalare l’impossibilità di comunicazione in un ambiente (familiare, scolastico, sociale) incapace di porsi in ascolto del ragazzo e di essere sensibile ai suoi bisogni. L’ambiente svolge infatti un ruolo essenziale nella causazione delle condotte devianti adolescenziali, poiché queste costituiscono,molto spesso, una “ risposta” alla deprivazione di cui l’adolescente è stato vittima , e un tentativo drammatico di far breccia in un Altro sociale troppo sordo e cieco. Ciò che il ragazzo di fatto produce attraverso l’acting è paradossalmente un appello affinchè si costituisca, attorno a lui, un ambiente rassicurante e prevedibile, capace di riconoscere e contenere la sua angoscia , anche se questa richiesta viene fatta attraverso il suo opposto, l’apparente pretesa di mancanza di rigidità e di regole ; l’angoscia dell’adolescente deviante è anche causata dalla percezione che non ci siano argini sufficientemente efficaci alla violenza, e che questa possa circolare liberamente e in forma casuale, acefala. In altri casi è il senso di privazione, a cui egli cerca riscatto, che spinge il giovane all’atto delinquenziale. Le radici di questo disagio affondano frequentemente in un passato di maltrattamento infantile, da parte di uno o di entrambi i genitori o di chi ha cura del bambino. Il maltrattamento comprende atti e carenze che risultano gravemente traumatici per il bambino e per l’adolescente, attentando al suo sviluppo fisico, affettivo , intellettivo e morale e che si manifestano non solo in violenza fisica, subita o vista subire, ma anche in trascuratezza, maltrattamento psicologico e abuso sessuale. Il maltrattamento fisico, oltre che doloroso e invalidante, è umiliante e distruttivo per l’autostima del bambino o del ragazzo che subisce tale violenza, ma anche la violenza fisica cui il minore assiste, per esempio quella perpetrata dal padre nei confronti della madre, può sortire un effetto pari a quello della violenza subita direttamente: ciò che risulta terrificante, nella percezione del ragazzo, è l’imprevedibilità dell’atto violento, l’impossibilità che qualcuno vi ponga fine, il conseguente senso di impotenza, l’incomunicabilità della propria realtà, il profondo senso di solitudine che ne deriva e la mancanza totale di protezione anche da parte del genitore non maltrattante. Il maltrattamento psicologico è tuttavia la forma più diffusa di violenza sul minore, pur essendo la più difficile da riconoscere: esso è fatto di minacce, punizioni, ricatti, indifferenza, squalifiche, ingiurie, mancanza di rispetto, pretese eccessive, richieste inadeguate all’età o alle caratteristiche del bambino, tutti comportamenti ripetuti quotidianamente. Tali comportamenti provocano un grave senso di inadeguatezza, disistima di sé, rabbia e forte senso di rivalsa, che deborda dai limiti familiari per diventare astio generalizzato contro il mondo. La violenza psicologica è quindi gravissima, ed è comunque sottesa a tutte le altre forme di maltrattamento. Anche la grave trascuratezza è una forma di violenza sul minore, e si presenta quando i genitori non sono capaci, per loro difficoltà pratiche o sicologiche, di capire i bisogni materiali ed affettivi del figlio e non riescono a curarlo, proteggerlo, e a crescerlo in modo sano. L’adolescente che cresce in questi climi familiari spesso non è in grado di elaborare e verbalizzare il proprio disagio, proprio perché non ne possiede gli strumenti, poichè conosce solo l’azione, spesso violenta, come modalità di comunicazione e di relazione con gli altri. L’intervento terapeutico tempestivo con questi giovani è fondamentale, proprio per evitare che si instaurino e si consolidino i guadagni secondari della condotta deviante, e che vengano acquisite definitivamente le abilità delinquenziali come forma egosintonica di rapporto con la realtà
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